The Commonwealth Fashion Exchange - Credits Sean Ebsworth

Duchesse, principesse, giornaliste e top model; ce n’erano tante la settimana scorsa a Buckingham Palace, tutte accorse a inaugurare ‘The Commonwealth Fashion Exchange’, la mostra di eco-moda ideata da Eco-Age, la società di moda etica fondata dall’italianissima regina green di Londra Livia Firth, un tempo Livia Giuggioli, produttrice cinematografica, moglie di Colin Firth e appassionata sostenitrice di moda ambientale ed etica appunto.

The Commonwealth Fashion Exchange – Kate Middleton, Stella McCartney, Anna Wintour, Livia Firth Credits: Sean Ebsworth


L’esposizione è composta da trenta pezzi eco-friendly di alta sartoria creati da famosi designer provenienti dai 53 Paesi membri del Commonwealth, ognuno dei quali, in una sorta di gemellaggio stilistico, si è avvalso della collaborazione di artigiani e materiali di uno stato diverso dal proprio. Tanto per fare qualche nome: Stella McCartney ha utilizzato seta indiana, Burberry ha realizzato l’intramontabile trench con lana sostenibile australiana.

Stella McCartney – Credits: Sean Ebsworth

‘The Commonwealth Fashion Exchange’ è un progetto ambizioso con obiettivi a lungo termine, sviluppato in collaborazione con Swarovski, The Woolmark Company e MATCHESFASHION.COM ed è stato inserito nella Fashion Week londinese proprio per non spegnere i riflettori sul settore sostenibile dell’industria della moda, perché, come ha affermato Livia Firth, l’etica industriale è la base del progresso. L’obiettivo dell’intero progetto è infatti quello di dimostrare che lo sviluppo della società può basarsi solo su una giustizia sociale, che tradotto significa rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Una sfida che nel settore della moda è quanto mai possibile, anzi necessaria, proprio perché il suo impatto sociale ed economico è enorme. Tutti ci dobbiamo vestire, ha sottolineato Livia Firth e se ciascuno di noi lo facesse eticamente, sarebbe molto più facile cambiare le cose.

Tornando alle trenta creazioni esposte a Buckingham Palace, è come se ognuna raccontasse il proprio luogo di origine e le persone che l’hanno realizzato; la scelta delle stoffe, i colori, gli abbinamenti e le forme sono quasi reportage da tanti angoli del mondo.

Buddhi Batiks – Credits: Sean Ebsworth

Elegante e sinuoso l’abito lungo e scollato di Buddhi Batiks, compagnia che lavora nel nord-ovest dello Sri-Lanka e che ha utilizzato il Seacell™, tessuto fatto di alghe e seta che è stato piegato a mano e trattato con la tecnica batik dalle artigiane di Buddhi Batiks nel villaggio di Koswadiya.

Rizwan Beyg – Credits Sean Ebsworth

La composizione di Rizwan Beyg, designer pakistano proveniente dall’architettura e che cerca di unire la tradizione del suo Paese con l’innovazione artistica dei giovani talenti, è una gonna con un coat con motivi disegnati dai ‘truck artists’ del Pakistan (artisti che creano motivi colorati ispirati alla natura) poi ricamati dalle donne del villaggio di Bhawalpur.

Ispirato dal recente disastro ecologico con la fuoriuscita di petrolio nel Mar Cinese Orientale, l’abito del designer di Toronto Lucian Matis è realizzato con un tessuto misto lana e impreziosito da cristalli Swarovski neri riciclati. Ad accompagnare l’abito, una collana multigiro creata da tre gruppi Ju / ‘Hoansi che vivono nella regione orientale della Namibia. Si pensa che il metodo per creare le perle della collana risalga a 60.000 anni fa, utilizzando gusci di uova di struzzo che si rompono in piccoli pezzi, tagliati in cerchi e forati.

Altra chicca: oltre a Livia Firth, a parlare italiano in ‘The Commonwealth Fashion Exchange’ ci sono anche i manichini della mostra, realizzati dalla ditta ferrarese Bonaveri in bioplastica 100% biodegradabile (che deriva al 72% dalla canna da zucchero) e verniciati con B Paint®, la prima vernice naturale composta esclusivamente da sostanze organiche rinnovabili.

Non vi sveliamo di più. Soltanto che la mostra, nata sotto l’egida del Commonwealth Fashion Council, organizzazione non profit che supporta l’ecosostenibilità dell’industria della moda, sarà visitabile gratuitamente a Londra fino al 6 marzo prossimo presso l’Australia House, dove si è spostata dopo l’inaugurazione a Buckingham Palace, per poi fare tappa per i vari stati del Commonwealth. Se non avete tempo o possibilità di andare a visitarla, potete trovarla sulla piattaforma di Google Arts ma anche sul sito della fondazione e dello store londinese di Eco Age.

Novella Di Paolo

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