Incipit del Manifesto della Fashion Revolution

Mi piace l’idea di cominciare settembre, mese di passaggio dall’estate all’autunno e momento sempre carico di promesse e propositi, un po’ come succede a fine anno, con il Manifesto della Fashion Revolution, movimento di cui tanto abbiamo parlato e di cui continueremo incessantemente a parlare, perché di esso condividiamo i princìpi.

L’intero Manifesto, che invito a firmare chi non l’avesse ancora fatto, contiene dieci punti che corrispondono ad altrettanti dieci ‘comandamenti’ che il sistema moda dovrebbe seguire per attuare quella rivoluzione che è il sogno di chi ha fondato il movimento e di chi vi ha aderito.

Illustrazione di Headhuntr Studio relativa al punto #1 del Manifesto

#1. La moda fornisce un lavoro dignitoso, dal concetto alla creazione alla sfilata. Non rende schiavi, non mette in pericolo, non sfrutta, non sovraccarica di lavoro, non molesta, non abusa né discrimina nessuno. La moda libera i lavoratori e chi gli abiti li indossa e autorizza tutti a difendere i propri diritti.

#2. La moda dà una paga giusta ed equa. Permette il sostentamento di tutti coloro che lavorano nel settore, dalla fabbrica alla vendita. La moda emancipa le persone dalla povertà, crea società prospere e soddisfa le  le aspirazioni.

Punto #2 del Manifesto – courtesy of Headhuntr Studio
Punto #3 del Manifesto – courtesy               of Headhuntr Studio

#3. La moda dà voce alle persone, rendendo possibile parlare senza paura, unirsi senza repressione e negoziare condizioni migliori di lavoro e tra le comunità.

#4. La moda rispetta la cultura e il patrimonio. Favorisce, celebra e ricompensa abilità e artigianalità. Riconosce la creatività come la propria risorsa più forte. La moda non si appropria mai senza dare il dovuto credito o prende senza permesso. La moda rende onore all’artigiano.

#5. La moda è sinonimo di solidarietà, inclusione e democrazia, indipendentemente da razza, classe, genere, età, forma o abilità. Sostiene la diversità come elemento cruciale per il successo.

Punto #6 del Manifesto – courtesy of Headhuntr Studio

#6. La moda conserva e risana l’ambiente. Non esaurisce risorse preziose, non degrada il nostro suolo, non inquina la nostra aria e acqua o nuoce alla nostra salute. La moda protegge il benessere di tutti gli esseri viventi e salvaguarda i nostri diversi ecosistemi.

#7. La moda non distrugge o scarta inutilmente ma ridisegna e recupera consapevolmente in modo circolare. La moda è riparata, riutilizzata, riciclata e ‘upcycled’ (non esiste un termine italiano per rendere bene questa parola, quindi la lascio in inglese! N.d.A). I nostri armadi e discariche non traboccano di vestiti desiderati ma non amati, acquistati ma non custoditi.

#8. La moda è trasparente e responsabile. La moda abbraccia la chiarezza e non si nasconde dietro la complessità né si affida ai segreti commerciali per ricavarne valore. Chiunque, ovunque, può scoprire come, dove, da chi e in quali condizioni viene prodotto il proprio abbigliamento.

#9. La moda misura il successo non solo da vendite e profitti. La moda attribuisce pari valore alla crescita finanziaria, al benessere umano e alla sostenibilità ambientale.

#10. La moda vive per esprimere, piacere, far riflettere, protestare, confortare e condividere. La moda non soggioga, denigra, degrada, emargina o compromette. La moda celebra la vita.

Certo, per molti aspetti si tratta di un Manifesto utopico ma come lo sono stati tanti Manifesti nel corso della storia. Eppure qualcosa si sta muovendo, è come una macchia d’olio che si espande sempre di più sulla superficie dell’acqua e contamina in positivo anche il flusso della moda mainstream. D’altronde per le più grandi rivoluzioni ci vogliono tempi lunghi fatti a piccoli passi ragionati.

Last but not the least, le illustrazioni che accompagnano i punti del Manifesto sono di Barbra Araujo di Headhuntr Studio, belle, vero?

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