Nike logo - courtesy of Nike, inc.

In quanto a strategie e ricerche nell’ambito della sostenibilità, anche i marchi sportivi stanno facendo da tempo la loro parte; oggi vorrei parlare di Nike perché per me è stata una vera e piacevole sorpresa scoprire che il colosso americano, primo produttore mondiale di accessori e abbigliamento sportswear, attua dai primi anni ’90 il programma Reuse-A-Shoe, che si occupa di raccogliere sneaker vecchie e usurate per trasformarle in Nike Grind, un materiale poi utilizzato da aziende leader nel settore della produzione di superfici sportive ad alte prestazioni come campi da tennis e da basket e piste di atletica, oltre che dalla stessa Nike per prodotti innovativi.

Nike shoes

Reuse-A-Shoe è frutto di una strategia mirata a ridurre l’impatto aziendale sull’ambiente, insieme alla quantità di scarpe che finiscono nelle discariche; si stima che Nike raccolga ogni anno oltre 1,5 milioni di paia di scarpe da riciclare, oltre a centinaia di tonnellate di scarti di fabbricazione. E non importa quanto vecchie o usate siano, anzi, il principio alla base del programma è che se le scarpe possono essere ancora utilizzate, meglio allora donarle a comunità o a singoli, altrimenti Reuse-A-Shoe è un’ottima alternativa alla discarica.

I modi per consegnare le scarpe usate sono due: o portarle presso un punto di raccolta Reuse-A-Shoe all’interno di uno store Nike (ovviamente informatevi se è presente il punto prima di recarvi con il materiale da consegnare) oppure spedirle all’impianto di riciclaggio della Nike, quello europeo si trova a Meerhout, in Belgio ma Nike non rimborsa le spese di spedizione, quindi è consigliabile portarle presso un punto vendita, se possibile. Ad ogni modo a questo link trovate tutte le info, compreso l’indirizzo esatto dell’impianto belga.

E poi c’è una vera e propria sfida che da quest’anno si va ad aggiungere al programma di sostenibilità ambientale che Nike porta avanti da tempo; si tratta del ‘Nike Material Recovery Challenge’, concorso pensato per tutti coloro che desiderano dare il proprio contributo allo sviluppo di nuove tecnologie per trasformare le vecchie scarpe in materiali innovativi, anche partendo dallo stesso Nike Grind di cui sopra. Quindi concorso aperto a designer ma anche a ingegneri che devono presentare la domanda entro il 1° maggio prossimo; entro agosto di quest’anno si saprà il vincitore dell’innovazione più innovativa (permettetemi l’allitterazione), che si porterà a casa un premio di 50.000$, oltre a una collaborazione con Nike per lo sviluppo della proposta vincente.

Nike fa inoltre parte del Textile Exchange, una delle più importanti organizzazioni non-profit che promuovono a livello internazionale lo sviluppo responsabile e sostenibile nel settore tessile; nell’ultima conferenza annuale, tenutasi nell’ottobre scorso, il marchio sportivo si è impegnato, insieme ad altri 35 brand, a utilizzare cotone sostenibile al 100% entro il 2025.

Siccome però questo è un blog che parla di sostenibilità a 360°, non posso non ricordare che Nike è anche uno dei marchi che è stato spesso citato, soprattutto in passato, per lo sfruttamento del lavoro minorile, oltre che per i metodi di produzione nelle fabbriche d’oltreoceano con cui ha contratti commerciali. L’ultima inchiesta su The Observer, risalente all’anno scorso, rivelava condizioni malsane nelle fabbriche cambogiane, che provocavano svenimenti tra le operaie, non solo per Nike ma anche per Puma e Asics. Interpellata dal giornale, Nike ha poi assicurato di aver provveduto a installare dei condizionatori d’aria dopo aver scoperto che le temperature superavano i 30 gradi centigradi. Ma anche l’uso di prodotti chimici è tra le cause di malori più o meno gravi.

Quindi, ecco i due lati della medaglia di un marchio globale storico e amato, che se vuole davvero vincere la sfida alla perfetta sostenibilità, oltre a riciclo, innovazione e concorsi, deve avere come priorità il benessere di chi i suoi prodotti li fa tutti i giorni senza poterne godere alcun beneficio.

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